International Dialogue: Freising 1990
Documento di Freising

(1) La Commissione ha tenuto la sua sessione plenaria sotto la presidenza dell'arcivescovo greco ortodosso d'Australia, Sua Ec­cellenza Stylianos, e del presidente del Pontificio consiglio per l'u­nione dei cristiani, Mons. Edward Cassidy, dal 5 al 15 giugno a Freising, nella Casa Cardinal Döpfner, dove i partecipanti hanno goduto della generosa ospitalità dell'arcivescovo di Monaco e Frisinga, sua eminenza il Card. Friedrich Wetter

(2) In questo 1990 1a Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa orto­dossa compie dieci anni di lavoro metodico e fecondo, in uno spi­rito di comprensione e di collaborazione fraterna.

(3) Già da due anni la Commissione ha pensato che fosse giunto il tempo di passare allo studio delle conseguenze teologi­che e canoniche della struttura sacramentale della Chiesa e, in particolare, di affrontare il problema delle relazioni reciproche dell'autorità e della conciliarità nella Chiesa. Nello stesso tempo essa pensava che occorresse anche affrontare direttamente i problemi teologici e pratici posti alla Chiesa ortodossa dall'origine e dall'attuale esistenza delle Chiese cattoliche di rito bizantino. Questa intenzione fu annunciata alla IV sessione di Bari (1987) e cominciò ad avere un seguito operativo alla riunione di Valamo (1988) con la costituzione di una sottocommissione incaricata di studiare tale argomento e di riferirne alla Commissione. La sotto­commissione si è riunita a Vienna nel gennaio 1990.

(4) Al momento di costituire questa sottocommissione nessu­no poteva prevedere gli sviluppi che sarebbero sopravvenuti nell'Europa dell'Est e lo sviluppo della libertà religiosa che essi hanno permesso.

Il ritorno di vaste regioni alla libertà religiosa è, sia per gli ortodossi e sia per i cattolici, che, per decenni, tutti hanno molto patito per le persecuzioni, un motivo di profondo ringraziamen­to a Dio, che mostra, una volta di più, di essere lui il Signore della storia.

(5) Il problema dell'origine e dell'esistenza delle Chiese cattoliche di rito bizantino accompagna le Chiese cattolica romana e or­todossa ben prima dell'inizio del loro dialogo e dall'inizio del dialogo fu sempre presente. Il modo con cui esse saranno capaci di cercarne assieme la soluzione sarà un test della solidità delle basi teologiche già poste e che occorrerà sviluppare. A causa dei recenti avvenimenti, tutta la riunione è stata consacrata ab studio dei pro­blemi posti dall'origine, l'esistenza e lo sviluppo delle Chiese catto­liche di rito bizantino, chiamate anche "Chiese uniati".

(6) A partire dalle discussioni che si sono svolte in tutta sin­cerità e fraternità, la Commissione ha voluto esprimere le riflessioni seguenti:

a) Data la situazione conflittuale che prevale in alcune regioni tra le Chiese orientali cattoliche di rito bizantino e la Chiesa or­todossa, il problema dell'uniatismo" è urgente e deve avere la priorità sugli altri temi che devono essere discussi nel dialogo.

b) Il termine "uniatismo" indica qui lo sforzo di realizzare l'unità della Chiesa, separando dalla Chiesa ortodossa delle co­munità o dei fedeli ortodossi, senza prendere in considerazione che, secondo l'ecclesiologia, la Chiesa ortodossa è una Chiesa-so­rella che offre da se stessa i mezzi di grazia e di salvezza. In questo senso e secondo il documento steso dalla sottocommissione di Vienna, rigettiamo l'"uniatismo" come metodo di ricerca dell'u­nità, perché in contrasto con la tradizione comune delle nostre Chiese.

c) Là dove l'uniatismo è stato utilizzato come metodo, non ha raggiunto il suo scopo, che era quello di riunire le Chiese, ma ha provocato nuove divisioni. La situazione così creata è stata sorgente di conflitti e sofferenze, che hanno profondamente segnato la memoria e la coscienza collettiva delle due Chiese. D'altra par­te, per ragioni ecclesiologiche, si è sviluppata la convinzione che dovevano essere cercate altre vie.

(d) Oggi, quando le nostre Chiese si incontrano sulla base dell'ecclesiologia della comunione fra Chiese-sorelle, sarebbe in­crescioso distruggere l'opera importante per l'unità delle Chiese compiuta nel dialogo, tornando al metodo dell'"uniatismo".

(7) Tuttavia, al di là degli approcci storici e teologici, bisogna prendere misure pratiche per evitare in tempo le conseguenze del­le pericolose tensioni che sono in atto in diversi paesi ortodossi. A tale scopo, ciò che segue può essere d'aiuto.

a) La libertà religiosa delle persone e delle comunità non è soltanto un diritto che deve essere totalmente rispettato, ma per dei cristiani che vivono la stessa vita divina, anche un dono dello Spirito in vista dell'edificazione del corpo di Cristo fino alla pie­nezza della sua statura (cfr. Ef. 4,16). Questa libertà esclude asso­lutamente ogni violenza, diretta o indiretta, fisica o morale. Essa richiede, come tutti i doni dello Spirito, accordati sempre per il bene di tutti (1Cor 12,7), una collaborazione fraterna dei pastori allo scopo di sanare le ferite del passato e di giungere a guidare i fedeli verso una riconciliazione profonda e duratura, che permet­ta loro di recitare in verità piena la preghiera che il Signore ha in­segnato ai suoi.

b) Di conseguenza è necessario che le autorità ecclesiastiche responsabili si sforzino, nello spirito di dialogo e tenendo conto della volontà delle comunità locali, di risolvere le questioni di contenzioso concreto.

c) Ogni sforzo tendente a far passare i fedeli da una Chiesa all'altra, ciò che è comunemente chiamato "proselitismo", va escluso come una sottrazione di energia pastorale. Sarebbe inoltre una controtestimonianza davanti a coloro che osservano in modo critico l'uso che le Chiese fanno della nuova libertà e sono pronti a cogliere e a utilizzare ogni segno di rivalità.

Ciò significa che il pastore di una comunità non deve interve­nire in una comunità affidata a un altro pastore, ma dovrebbe con­certare con quest'altro pastore e con tutti gli altri pastori, affinché tutte le comunità progrediscano verso lo stesso scopo: quello di una testimonianza comune data al mondo nel quale vivono.

d) Quando si è pervenuti a un accordo bilaterale approvato dalle rispettive autorità, è indispensabile che sia attuato.

(8) Noi crediamo che il dialogo, che è il mezzo più giusto per tendere verso l'unità, e anche il modo più indicato per affrontare i problemi, in particolare quello dell'" uniatismo". Per questo mo­tivo dobbiamo continuarlo. Per il momento il nostro interesse si concentra sullo studio di questo problema particolare.

(9) Per il successo di questo studio riteniamo che sarebbe uti­le la presenza delle Chiese ortodosse che non hanno potuto pren­dere parte a questa riunione.

(10) Nella linea sperata dalla riunione di Vienna lo studio di questo problema sarà continuato, perché questo ostacolo deve es­sere superato, affinché noi possiamo continuare il nostro progres­so verso l'unità.

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